ritorna sulla con il 3° episodio, Aya con un nuovo potere, con cui è in grado di controllare le altre persone,anche del passato: con questo proverà ad evitare l'incidente accaduto 1 anno prima
Il vero cuore del titolo batte naturalmente per il proprio gameplay ibrido, come del resto la serie ha sempre abituato. Catalogare rigidamente ogni suo esponente, caratterizzato storicamente dalla sapiente fusione di solide fondamenta ruolistiche con elementi
action e anche s
urvival horror, è sempre stato compito più dannoso che utile, e
The 3rd Birthday non fa eccezione. Ma viene chiaro osservare come le tanto care basi di gioco di ruolo si siano a mano a mano affievolite di capitolo in capitolo, fin quasi a scomparire in quest’ultimo, vinto da meccaniche chiaramente
shooter, malgrado di sparatutto non si possa propriamente parlare. Diversi ancora gli ingredienti JRPG in pentola, ma troppo sbiaditi rispetto al passato per giocare lo stesso incisivo ruolo dei due predecessori. I livelli esperienza sono rimasti, acquisibili naturalmente eliminando i nemici, limitati però a condizionare un solo numero davvero importante: quello dei punti vita. Ogni magia e incantesimo dal canto suo è stato rimpiazzato da un sistema di collocamento di geni, sempre ottenibili dagli avversari, posizionabili su piccole tabelle virtuali, alla ricerca degli incastri più vantaggiosi e le fusioni più potenti (sovrapponendo più geni nello stesso spazio, creando a tentativi abilità ex-novo, o lasciando salire di livello quelle già attive). La limitazione a questo? Ogni potere innestato è solo passivo, innescato automaticamente (e, per giunta, il più delle volte in modo casuale) durante i combattimenti. Altra amara delusione per chi si fosse aspettato un’eredità più corposa dal passato. Presente per fortuna anche l’acquisizione delle armi da fuoco, anche queste da sbloccare nel corso dell’avventura, e a loro volta potenziabili con i componenti via via accessibili attraverso il raggiungimento di un nuovo livello di abilità nella categoria balistica selezionata (pistole, shotgun, fucili da cecchino, lanciagranate, mitragliatori e un’ultima riservata alle bocche da fuoco più segrete e potenti). Citiamo inoltre la possibilità di selezionare diversi equipaggiamenti vestiari per Aya (tutti naturalmente in grado di logorarsi nel tempo con i danni inferti... tutti insomma capaci solo di confermare un’altra volta il basso ruolo di oggetto erotico interpretato dalla protagonista),
feature purtroppo scialbamente piatta, limitata a soli fini estetici, in quanto le differenze tra un capo d’abbigliamento e l’altro sono pressoché nulle.
Ben più ingombrante lo spazio riservato alle fasi di fuoco, vera colonna portante dell’intera esperienza. Perchè quello che si sarà chiamati attivamente a fare dal primo all’ultimo livello sarà proprio annichilire le forze avversarie a colpi di pallottole. Proprio in questo aspetto è stata concentrata la più attenta cura dello sviluppatore, ma incapace ancora una volta di proporre qualcosa di veramente nuovo ed esente da fastidiosi difetti. I comandi sono semplici e intuitivi: un tasto per mirare, uno per sparare, e uno per schivare. La mira è automatica, e presenta la possibilità di passare da un obiettivo all’altro. Menzione d’onore per le sezioni invece a bordo di veicoli, come elicotteri o carri armati, tanto divertenti quanto tragicamente brevi e sparute.
La bella notizia, in mezzo a questa scura mistura di caratteristiche non proprio rincuoranti, è che ci pensano una manciata di idee toniche a risollevare le sorti del gioco; tre
feature in grado di trasformare un gameplay altrimenti monotono e poco fresco in qualcosa di più godibile. Si parla dell’Overdive, la Liberation e il Fuoco Incrociato. L’ultima è la possibilità di mirare contro un nemico e concentrare su di esso i colpi di tutti i soldati presenti in zona. Requisito di attivazione, la pressione prolungata del tasto mira, fino al riempimento di un’apposita barra di caricamento su schermo.
La seconda è uno speciale stato alterato della protagonista, sempre attivabile con il riempimento di un’apposita barra, questa volta attraverso ripetute uccisioni, durante la quale danni inferti e ogni suo attributo fisico potranno essere potenziati esponenzialmente per un lasso determinato di tempo.
L’Overdive è infine la caratteristica più interessante delle tre, che fa davvero la differenza tra la vita e la morte e dona colori vivi al gameplay. Attraverso tale abilità Aya potrà infatti possedere letteralmente i corpi degli esseri umani nelle immediate vicinanze (notificati da apposite informazioni a lato dello schermo), siano essi militari o civili. Innescabile con l’utilizzo di un solo tasto (purché qualche forma di vita amica sia effettivamente nei paraggi) la bionda eroina potrà così impossessarsi del corpo, mantenere le armi principali impostate e acquisire quella già imbracciata dal militare di turno, potendo in qualunque momento abbandonarlo per trasmigrare in un altro, anche durante il decesso dello stesso. In aggiunta questo potere può poi essere utilizzato per impossessarsi temporaneamente degli stessi nemici, quando in punto di morte o particolarmente debilitati dal fuoco continuo di certe armi, per procurare loro ingenti danni o condurli velocemente nell’oltretomba.
L’aspetto davvero positivo di queste speciali caratteristiche, oltre quello di variegare l’azione in scena, è iniettare nelle meccaniche di gioco una componente strategica non trascurabile, più o meno rilevante a seconda della difficoltà selezionata. Per sopravvivere alle battaglie più spietate diventa così vitale sapere muovere la schiera di soldati in zona con un continuo ed oculato utilizzo dell’Overdive, disponendo le forze in modo da accerchiare il nemico, mirare alle sue difese scoperte e offrire contemporaneamente sicuro riparo ad ogni uomo.
Come si è già precedentemente anticipato, i personaggi di gioco godono di scarso carisma, a partire dalla stessa Aya, decisamente sotto tono rispetto i suoi trascorsi videoludici. Allo stesso modo, il design riservato a mostruosità nemiche e alle locazioni in cui si è chiamati a deambulare si dimostra tutt’altro che ispirato e mancante di reale fascino. Il motore grafico è di alto livello, e cocente si fa il disappunto nel vederlo applicato ad oggetti così poveri di identità. Sopra la sufficienza, invece, il comparto musiche, grazie soprattutto agli orecchiabili motivi, in più di un’occasione piacevoli e idonei al contesto.
Proprio per tutti i malcontenti mossi diventa presto chiaro quanto logorante possa essere finire più e più volte l’avventura, come la gestione del gioco vorrebbe che l’utenza facesse. Terminata la medesima una prima volta (circa dodici le ore necessarie per farlo), ecco così veder titillato l’appetito del giocatore con la possibilità di sbloccare nuove difficoltà, nuove armi, nuovi costumi per Aya e offrire nuove
chances per terminare gli obiettivi secondari di ogni capitolo. Ma si capisce come dover ripetere decine di volte tutte e sei le missioni complessive diventi impresa nauseante a fronte delle magagne alle fondamenta, nonché a una negligente calibratura della difficoltà, finendo per stancare il giocatore medio già al secondo passaggio.
secondo me potrebbe ottenere un bellissimo voto ma il problema dei controlli è molto penalizzante e sbloccare il video di aya sotto la doccia è frustrante :bisogna completare il gioco ben 50 volte,mamma mia....
voto 7